La chiesa
di Santa Croce
La chiesa sottostante la Basilica Cattedrale, che si apre sulla piazzetta dell’ingresso principale della stessa Basilica, è denominata “Soccorpo”, “Lamia dei Morti” o “Cemeterio”. Altro nome attestato all’interno delle fonti documentarie settecentesche è quello di “Chiesa di Santa Croce” per via dell’omonima confraternita che ne aveva la cura, fondata da mons. Cavalieri (1690 – 1705) nel 1703. Lungo tutta la navata centrale e gli spazi laterali sono posizionate lapidi dipinte o in bassorilievo, di vescovi, prelati e altre personalità pubbliche, accompagnate da stemmi e iscrizioni (la più antica porta la data del 1531). I vescovi sepolti nel Soccorpo sono 8, tutti deceduti a Gravina.
La chiesa è di dimensioni simili a quelle dalla Cattedrale soprastante ed è strutturata in un ambiente rettangolare, a tre navate, scandito da massicci pilastri quadrati e dodici archi a tutto sesto. Le navate terminano con la presenza di tre distinti altari, di cui quello centrale è dedicato al Crocifisso.
Caratteristica della chiesa è la presenza di 15 sepolcreti. Al tempo della Visita Apostolica del cardinale Orsini (1714) se ne contavano 72 che lo stesso Cardinale ridusse a 12: sette nella navata minore sinistra per la città di Gravina, una nella navata centrale per il Clero e quattro altre nella navata minore destra per i fratelli e le sorelle della confraternita della Buona morte e del SS. Sacramento. A questi 12 se ne aggiunse un altro aperto nel 1772. Di recente sono stati individuati nella navata centrale tre sepolcreti chiusi dallo stesso Cardinale.
A destra dell’ingresso, collocato all’interno di un fornice, si può ammirare un monumento funerario cinquecentesco, originariamente dorato. Il monumento è incastonato tra le due pareti originariamente dipinte a fresco, come si deduce dai lacerti pittorici del XVI secolo. Il motivo pittorico che impreziosiva il monumento funerario era quello della natività. Infatti in alto sulla parete di sinistra si possono leggere due iscrizioni con frasi della Bibbia latina che aiutano a decifrare le scene rappresentate: l’incontro di Maria con Elisabetta e il viaggio a Betlemme della Sacra famiglia per il censimento (immagine uno).
Sui muri della controfacciata è poggiata una Croce in legno con i simboli della Passio Christi, datata verosimilmente all’inizio del XIX secolo. Sotto la volta adiacente è dipinta la bandiera dei Savoia accompagnata da una data, 1859, dipinta sul bordo destro della raffigurazione.
A destra dell’ingresso nell’aula centrale, sul muro, fa bella mostra di sé una lastra in pietra del 1541, con l’epigrafe dedicata ad Emilio Guida, un comandante di cavalleria sotto il principe Carlo V, appartenente ad una famiglia fiorentina, deceduto il 1 settembre del 1541 (immagine due).
A sinistra un monumento funebre dedicato a mons. Giovanni Angelo Pellegrino, vescovo negli anni 1552 – 1568.
Poco lontano dalla balaustra in legno dell’altare centrale, si può ammirare un prezioso Crocifisso ligneo databile tra il XV e il XVI secolo. La suggestiva scultura è caratterizzata da una anatomia naturalistica e dettagliata, lasciando presupporre le abili qualità artistiche dell’autore. La scultura riporta delle note stilistico-formali d’importazione come l’uso di capelli veri frammisti a crine di cavallo per indicare la natura umana e divina di Cristo che morendo sulla croce e risorgendo ci ha meritato di poter risorgere al termine della storia (immagine tre).
Alle spalle dell’altare centrale si apre un’edicola con tracce di affreschi. Ai lati dell’altare centrale sono collocate le statue in pietra di san Domenico e sant’ Antonio Abate. Sui due pilastri laterali dell’altare due altorilievi a mezzobusto e aggettati verso l’esterno, sovrastanti i cenotafi rispettivamente di mons. Agostino Cassandra (vescovo negli anni 1614 – 1623) e mons. Arcangelo Baldini (vescovo negli anni 1626 – 1629). Accanto al trono del celebrante, una struttura in legno del XVIII sec., finemente laccata con fiori e insegne del Capitolo, del XVIII secolo a protezione dell’antico organo presente nel Soccorpo.
Sull’altare della navata di destra, consacrato nel 1714, era presente una tela dell’Assunta d’influenza guariniana, oggi ubicata nella sacrestia della Cattedrale. Il percorso conduce lo sguardo a scrutare le due nicchie laterali dell’altare, le quali ospitano le statue lapidee e dipinte di sant’Anna e san Gioacchino. Lungo tutta la pavimentazione della stessa navata si notano sette basole in pietra a copertura di altrettanti sepolcreti utilizzati per l’inumazione dei fedeli defunti della città di Gravina.
Sull’altare della navata di sinistra, consacrato nel 1714, era presente un dipinto su tela di san Michele Arcangelo, anch’esso oggi fruibile presso la sacrestia della Cattedrale. Nelle due nicchie laterali della navata vi sono le statue in argilla e cartapesta dell’arcangelo Gabriele e dell’arcangelo Raffaele con il piccolo Tobia, denotando la devozione della cittadinanza a queste figure. Lungo la stessa navata s’incontrano una lapide vicino all’altare del notar Colantonio del 1531 e quattro sepolture utilizzate per i consociati della Confraternita della Buona morte e del Santissimo Sacramento.
A metà della navata di sinistra s’incontra la sacrestia posta in corrispondenza del Cappellone del Santissimo Sacramento della Cattedrale. Cappellone e Soccorpo sono strettamente legati dalla storia costruttiva dell’edificio, poiché questo fu costruito partendo dalle fondamenta nel 1631 da Mons. Ricci. La sacrestia del Soccorpo presenta un “bancone” ad uso dei sacerdoti, databile attorno alla fine del XVII secolo. Sorprendente è la presenza di un’iscrizione cartacea relativa la creazione del primo fondo della biblioteca Capitolare da parte di Mons. Cennini tra il 1684 e il 1686, seme fecondo di quella che, nel 1743, diventerà un gioiello nel panorama culturale pugliese e meridionale: la Biblioteca Finia.